L’ONDATA INFODEMICA È STATA PIÙ VELOCE DELL’ONDATA EPIDEMICA
Pubblicato oggi su Nature Human Behaviour lo studio dei ricercatori FBK che ha valutato il rischio da infodemia COVID-19
(v.l.) Un’ondata di informazioni potenzialmente non affidabili sulla malattia COVID-19 si è diffusa nei vari paesi del mondo prima del propagarsi dell’epidemia stessa. E’ quanto emerge dallo studio realizzato dai ricercatori della Fondazione Bruno Kessler di Trento “Assessing the risks of ‘infodemics’ in response to COVID-19 epidemics” pubblicato oggi sulla rivista scientifica Nature Human Behaviour.
I ricercatori Riccardo Gallotti, Francesco Valle, Nicola Castaldo, Pierluigi Sacco e Manlio De Domenico hanno analizzato oltre cento milioni di messaggi Twitter postati (in inglese) in 127 paesi del mondo nelle prime fasi di diffusione della pandemia (dal 22 gennaio al 10 marzo 2020) e hanno classificato le notizie veicolate in base all’affidabilità delle fonti di provenienza, sviluppando un indice di rischio infodemico.
Quando il contagio dalla Cina ha iniziato a diffondersi nei diversi paesi, all’inizio si è assistito alla condivisione di un’alta percentuale di notizie potenzialmente false e quindi a una situazione di elevato rischio infodemico. Appena il contagio ha iniziato a propagarsi all’interno di ogni paese, sono aumentate le condivisioni di notizie da fonti affidabili e di conseguenza il rischio infodemico si è abbassato.
“Questo si è visto un po’ in tutto il mondo e in modo molto marcato in Italia”, sottolinea il ricercatore FBK Manlio De Domenico, “dove in poco tempo il rischio infodemico è crollato dal 30% al 5%. Noi abbiamo misurato il fenomeno, la spiegazione si può solo supporre. Probabilmente quando la malattia ha iniziato a diffondersi nei vari paesi, le persone sono state più attente ad informarsi e a condividere notizie da fonti sempre più affidabili”.
I risultati delle analisi sono accessibili a tutti attraverso una piattaforma digitale online che permette a ogni utente di approfondire la situazione di ciascun paese nel periodo temporale prescelto.
Lo studio pubblicato oggi su Nature Human Behaviour si può consultare qui: https://www.nature.com/articles/s41562-020-00994-6