FBK-ISR | Riflessioni sul Vangelo della Giustizia di Dio
Il problema del modo con cui giustizia e misericordia si conciliano in Dio fu per secoli «la questione fatale della cristianità occidentale» (Walter Kasper), perché si estendeva a Dio lo schema forense della giustizia retributiva o punitiva. La giustizia di Dio è stata da molti percepita come sinonimo di severità, ira, castigo, e ne sono derivate pesanti conseguenze. Nei primi decenni del Novecento ci si rese conto che la giustizia di Dio va compresa partendo dalla rivelazione, anzitutto dalla realtà dell’alleanza gratuita. Ne è derivata l’unanime convinzione che la giustizia di Dio «è l’attività salvifica di Dio che porta a compimento le promesse per grazia» (Stanislas Lyonnet), «è prima di tutto una qualità personale divina che comporta salvezza e amore, è la realtà stessa di Dio» (Gianfranco Ravasi). La misericordia è la giustizia specifica di Dio. L’analisi della procedura del rîb, che innerva buona parte della rivelazione, aiuta a capire che, di fronte all’infedeltà del popolo, Dio per fedeltà sponsale o paterna a se stesso, con «una capriola del cuore» (Jörg Jeremias) passa dall’ira al perdono gratuito: «Non darò sfogo all’ardore della mia ira, perché sono Dio e non un uomo» (Os 11,9). Ne consegue che la redenzione, l’espiazione, la riconciliazione vanno interpretate in modo discendente; non è l’uomo che si accosta a Dio per compensarlo, ma è Dio che per il suo amore fedele, condiviso pienamente dal Figlio, considera prezioso l’uomo, creato a sua immagine, gli viene incontro, lo perdona, gli ridà vita. «La giustizia di Dio è grazia: è giustizia attiva, che raddrizza l’uomo incurvato, lo rimette in posizione eretta, lo rende diritto. Qui ci troviamo di fronte alla svolta portata dal cristianesimo nella storia delle religioni» (Joseph Ratzinger).